Il significato del termine “dopolavoro” non lascia adito a dubbi, ma l’applicazione di questo concetto alla realtà moderna rischia di sembrare piuttosto anacronistica. In realtà, non lo è. Si tratta solo di una scelta semantica.
Facciamo qualche passo indietro: la storia ci insegna che il dopolavoro prevedesse inizialmente attività rivolte a un pubblico élitario, aristocratico e selezionato. L’associazionismo di carattere popolare prende piede alla fine dell’800, soprattutto nel periodo di massimo sviluppo dell’industrializzazione. Nascono in Italia le Società (operaie) di mutuo soccorso, le Camere del lavoro, le Case del popolo e associazioni simili, allo scopo di migliorare le condizioni d’indigenza e precarietà in cui erano costretti a vivere i lavoratori del tempo, con l’obiettivo di elevare spirito emente, riducendo al massimo il loro stato di arretratezza culturale e dipendenza psicologica dal “padrone”. Con il fascismo si assiste alla soppressione di queste associazioni (1924), trasformate instrumenti di propaganda politica, e all’abolizione dei sindacati. Solo con la creazione della Repubblica italiana si assiste nuovamente alla libera rinascita dell’associazionismo (CONI, ACLI,ARCI, Scouts, ecc.) che assume caratteristiche diverse in base all’attività collegata all’ambito in cui nasce.
Ogni circolo abbraccia specifici valori (culturali, educativi, morali) ed è per questo che favorirne la diffusione può dar vita a risultati particolarmente interessanti. Le attività promosse in questi contesti, infatti, favoriscono la socializzazione fra i membri che ne fanno parte e, in un contesto extra-lavorativo, questa operazione può risultare più immediata e naturale. Lo sport è di gran lunga privilegiato rispetto ad altri tipi di svago, non solo perché contrasta la sedentarietà che costringe l’impiegato a stare seduto per lunghe ore dietro la scrivania, ma anche perché promuove tutta una serie di valori che trovano applicazione nei contesti più vari: rispetto delle regole, fair-play, gioco di squadra, collaborazione, impegno e determinazione nel raggiungere un obiettivo secondo schemi predeterminati, ecc.). Poi ricordiamo il gioco (es. carte, biliardo, bocce, ecc.) che insegna alla mentea trovare rifugio nella leggerezza e nella sana competizione. La cultura è un altro ambito da coltivare con speciale attenzione perché apre la mente e affina le coscienze. Si può immaginare un Ente privo di una biblioteca? Mostre, concerti, cineforum, teatri propongono attività tutt’altro che complementari perché permettono alle persone di godere del bello, di condividerlo, di confrontarsi in sessioni specifiche attraverso appositi dibattiti o convegni su argomenti di carattere sociale e culturale.
Auspicabile la creazione di un giornalino di settore o di una newsletter attraverso la quale tenere aggiornati i colleghi, permettendo loro di interagire e di dare libero sfogo alla loro creatività e fantasia.
Niente affatto trascurabili le attività di volontariato che incentivano le persone a investire il loro tempo per il bene del prossimo e della società, a sviluppare una particolare sensibilità per le persone in difficoltà, ricercando insieme la soluzione ai problemi e osteggiando qualsiasi comportamento che possa danneggiare la comunità lavorativa, sotto vari punti di vista.
Per concludere, viaggi, gite, pellegrinaggi sono occasioni oggi largamente sfruttate in contesti lavorativi d’oltreoceano per consolidare la comunione e la collaborazione tra gli impiegati attraverso la condivisione di spazi, tempo libero, confronti.
In Vaticano queste attività sono sviluppate ab latere e molto circoscritte. Ricordiamo, tra queste, l’associazione di atletica, l’organizzazione di concerti del Pontificio Istituto di Musica Sacra, le attività culturali promosse dall’Associazione Donne in Vaticano. L’ADLV è disponibile a dare il proprio contributo in questo senso.