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Aumenta il costo della vita. E gli stipendi Vaticani?

Lo scioglimento delle Camere, la campagna elettorale, lo spread btp/Bund che oramai veleggia oltre i 230 punti base aprono uno scenario di forte incertezza. A questo si accompagna il rialzo dei tassi di interesse di mezzo punto percentuale, e l’aumento dei costi energetici che in molti casi hanno portato a un raddoppio delle bollette. Tutti fattori che stanno già indebolendo il potere d’acquisto dei salari. E i primi effetti si vedono: a giugno l’inflazione è arrivata all’8%; un aumento più consistente per i beni alimentari, il cui costo è cresciuto del  10%. Tutto questo  ci chiede di stringere una cinghia già piuttosto usurata. 

Ovviamente, anche gli impiegati vaticani risentono di questa crisi nazionale oltre che delle difficoltà interne specifiche dell’ambiente di lavoro in cui operano, legate ai deficit di bilancio che si sono protratti per anni, per le ragioni più disparate, non ultimo il Covid-19. 

Ricordiamo che, a partire dalla circolare del Segretario di Stato, Sua Eminenza il Cardinal Parolin, del 13 febbraio 2014 (N.004445/G.N.), che ha previsto una serie di provvedimenti restrittivi (es. il blocco dei passaggi di livello, la sospensione delle assunzioni e dei nuovi incarichi funzionali, il divieto di ricorrere al lavoro straordinario) ormai permanenti, fatte le dovute eccezioni contemplate dai Superiori, per i dipendenti non c’è stata mai tregua. Tra le disposizioni che incidono di più menzioniamo il taglio degli stipendi e il blocco degli scatti biennali di anzianità, disposto tra il 1 aprile 2021 e il 31 marzo 2023, su suggerimento della Segreteria per l’Economia.

Confidiamo che le nuove politiche relative al personale, agli appalti e agli investimenti possano produrre già nel breve termine frutti positivi, permettendo, di riflesso, anche ai lavoratori di prendere una boccata d’aria.

Nel frattempo, mentre il costo della vita aumenta, con un ASI calcolato una sola volta l’anno (quindi inadatto a rappresentare la situazione in evoluzione), in Italia si cercano accordi per rendere più cospicue buste paga e pensioni, per rinnovare i contratti (con nuove clausole di adeguamento all’inflazione) e per rinforzare gli ammortizzatori sociali. 

É interessante notare che, benché il Vaticano conservi una propria autonomia in materia di lavoro,Italia e Città del Vaticano condividono valori universali, come il rispetto della dignità della persona nell’ambito della sfera professionale. Tali valori, nel primo caso, li troviamo espressi nell’art. 36 della Costituzione e, nel secondo caso, radicati nel Vangelo, nelle diverse costituzioni apostoliche(la Rerum Novarum di Leone XIII, la Laborem exercens, la Sollicitudo rei socialis, la CentesimusAnnus di Giovanni Paolo II, la Fratelli tutti di Papa Francesco), nella Dottrina Sociale della Chiesa secondo cui “il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. 

L’aspetto più affascinante di questi due mondi che si intersecano è che i lavoratori non sono intesi solo come “strumenti” ma anche come “persone” – inserite in precisi contesti sociali, familiari, civili e professionali – verso le quali è sempre più auspicabile un approccio universale, a 360 gradi. 

In virtù di quanto detto e in considerazione delle difficoltà economiche cui le famiglie dovranno far fronte, confidiamo nell’arrivo di nuove disposizioni di ampio respiro che aprano nuove prospettive ai lavoratori (aumenti di stipendi, premi produttività, reintegro dei bienni, agevolazioni per le famiglie e per le persone fragili, ecc.), permettendo loro di sentirsi protetti e valorizzati dalla comunità in cui operano. 

Questo è possibile anche attraverso la preziosa interazione tra Pastori e Laici, realizzabile non tanto su un piano prettamente gerarchico, quanto su quello sostanziale di “popolo di Dio”, come la Lumen Gentium di Paolo VI brillantemente insegna.

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