RomaToday, lunedi scorso, ha descritto i dipendenti vaticani come dei privilegiati. Il giornale on line evidenzia soprattutto il fatto che i lavoratori presso la Santa Sede non paghino le tasse, e che in sostanza percepiscano uno stipendio dove lordo e netto coincidono. Una valutazione superficiale, inesatta perché le questioni fiscali sono molto complesse da valutare in termini numerici. Bisogna entrare nel dettaglio. Roma Today si rivolge a un pubblico italiano, e in Italia il cuneo fiscale/contributivo è in sostanza del 50%.
In Vaticano stipendi in linea con l’Italia, semmai un po’ inferiori
L’ultimo rapporto OCSE afferma che un lavoratore dipendente in Italia nel 2024 sarà soggetto a un cuneo fiscale del 45,9%. La percentuale è composta per il 15,3% di imposte personali sul reddito e per 30,6% di contributi previdenziali che ricadono in parte sul lavoratore (6,6%) e in parte sul datore di lavoro (24,0%). A questo poi vanno aggiunte le trattenute per il tfr. In Vaticano invece il cuneo fiscale è del 10% circa, ma quella differenza con l’Italia, che a questo punto è di circa il 36%, non va nelle tasche certo del dipendente. Semplicemente non esiste, non c’è il concetto di tassazione. Dunque gli stipendi netti in Vaticano sono assolutamente in linea con quelli italiani, e in alcuni casi anche inferiori. Per capirci: ad esempio un dipendente che ha uno stipendio netto di 2.000 euro, ha un lordo di 2.300 euro circa.
Promozioni bloccate, tassate le pensioni Inps
Non esistendo poi ammortizzatori sociali, se in qualche modo si viene licenziati o comunque si perde il lavoro, il dipendente vaticano non riceve nessun tipo di sostegno in Italia (cassa integrazione, o altro). Da anni poi i dipendenti della Santa Sede lamentano un’assenza di promozioni interne, di adeguamento dei salari, di mancanza di incentivi. Inoltre, i pensionati che hanno avuto in passato contributi INPS, ora si trovano tassato il proprio assegno pensionistico, i cui contributi però sono stati rapportati a uno stipendio che in Italia corrisponderebbe al netto. E ancora, l’articolo afferma che i salari sono accreditati sullo IOR, falso. Vengono accreditati sulle banche, italiane e di altri Paesi, indicate dai lavoratori vaticani. Fatto sta che i redditi vaticani entrano nel calcolo dell’Isee e le eventuali rendite finanziarie sono tassate.
Il Bambino Gesù una risorsa del sistema sanitario
Ma poi l’articolo cita sia il Bambino Gesù sia l’Opera Romana Pellegrinaggi, parlando di tutta una serie di benefici. Facciamo notare che per il Bambin Gesù si tratta di un centro di eccellenza italiano e mondiale e che gli stipendi dei dipendenti dell’Opbg sono assolutamente in linea con quelli del settore. Per l’Orp, vale lo stesso discorso fatto sopra. Dunque i lavoratori del Vaticano non hanno stipendi da ‘nababbi’, ma in linea con il mercato del lavoro italiano.
Aggiungerei che: percependo un reddito da lavoro dipendente in Italia, si possono scalare, facendo il 730, le spese mediche oppure per esempio gli sconti in fattura per ristrutturazioni edilizie ecc.. Queste cose percependo uno stipendio Vaticano semplicemente non si possono fare.
Esatto
C’è da dire poi che gli stipendi e la maggioranza delle pensioni sono spesi in Italia (affitti mutui cibo abbigliamento
Ecc. ) e quindi si tratta di un notevole afflusso di denaro nel paese . Da considerare
da considerare, è vero
Buongiorno, vorrei aggiungere che siamo stati se non gli unici probabilmente tra i pochi a cui è stato addebitato sulle buste paga il covid e sapere inoltre se questa risposta la avete inviata a Roma today affinché venga pubblicata. Penso sia ora di finirla con la leggenda dei dipendenti Vaticani nababbi
per questo abbiamo pensato che fosse giusto rispondere a RomaToday. Un saluto