I portieri: “Anche 11 ore al giorno di lavoro, più attenzione per le nostre famiglie”

Le istituzioni aiutino a conciliare il tempo dedicato al lavoro e quello alla famiglia. E questo vale anche per i tanti portieri che operano nei palazzi di proprietà del Vaticano. “Una persona che lavora dovrebbe avere anche il tempo per ritemprarsi, stare con la famiglia, divertirsi, leggere, ascoltare musica, praticare uno sport. Quando un’attività non lascia spazio a uno svago salutare, a un riposo riparatore, allora diventa una schiavitù.” Sono parole di Papa Francesco, che si è sempre battuto sul tema del lavoro. Eppure , in seno al Vaticano, esistono categorie di lavoratori che vedono trasformato il loro impiego in una sorta di  “periferica esistenziale”.

Difficile partecipare alla vita sociale dei figli 

Nello specifico parliamo della categoria dei portieri, che in pochi casi mediamente lavorano ben 11 ore al giorno, dal lunedì al venerdì e 7 ore il sabato. Con una tale tempistica, è molto difficile se non impossibile coltivare interessi personali, come può essere una salutare attività fisica, ma ancor più arduo è seguire le proprie famiglie. Molti hanno figli piccoli o adolescenti e non vi è possibilità di partecipare adeguatamente alla loro crescita, nella scuola, nella vita cristiana e nelle attività che comunemente interessano la sfera genitori/figli. 

Con questo orario di lavoro la salute ne risente

Allo stesso tempo questo rischia di avere riflessi sui rapporti coniugali. Le famiglie hanno diritto ad avere un tempo dedicato alle relazioni tra i vari componenti. Inoltre, molti dei portieri riferiscono che il numero elevato di ore passate ad ottemperare la propria mansione, incidono a lungo andare con la salute individuale soprattutto a livello di stress che spesso si traduce in diversi disturbi psicofisici. 

Un contratto di lavoro per avere certezze

Ciò che proponiamo, con la mediazione dell’Adlv,  è la messa a punto di una normativa che preveda innanzitutto  una  riduzione dell’orario, necessaria per restituire quella “santificazione del tempo” che sta nel giusto alternarsi di fatica e riposo. E’ da quasi due anni che l’Adlv chiede in tutte le sedi un contratto di lavoro che metta dei punti fissi sia normativi sia retributivi. Le istituzioni che l’Adlv ha consultato, sia Spe sia Ulsa, si sono dette disponibili. Perché finora non sono stati raggiunti risultati? 

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